Saggio critico della Dott.ssa Marina Volpi – Storica dell’arte

Un Nuovo Rinascimento

Demetrio Rizzo è pittore, grafico e anche scultore che talvolta usa tali discipline simultaneamente. Per questa ragione risulta difficile riuscire a determinare quale sia l’elemento preponderante nella sua ricerca artistica.
Le sue opere sono create da linee parallele realizzate con fili di ferro che corrono e fluttuano, muovendosi su vari supporti; talvolta liberandosi da piani bidimensionali, le classiche tele del pittore, talvolta avvolgendo elementi solidi, come pesanti pietre; generando così delle vere e proprie sculture. Tuttavia, anche queste ultime sono comunque create da semplici linee, divenendo sculture che  generano dei disegni piuttosto che delle forme tridimensionali.
Ma non basta: Demetrio è figurativo e astratto allo stesso tempo, anche per questo motivo la sua ricerca è difficile da decodificare, protendendo verso l’essenza delle cose (il concetto), pur non tralasciando l’apparenza (la forma). E’ quindi un artista concettuale, ma anche formale.
In pratica la sua arte è basata sul contrasto, ed è, a tutti gli effetti, un ossimoro.

Demetrio sceglie l’arte per riuscire a studiare da un punto di vista psicologico e sociologico l’essere umano; considerando l’espressione creativa uno strumento sociale,  essa è un mezzo per esternare ed indagare la propria interiorità. Da ciò nasce la spinta che lo porta a prendere in considerazione  qualsiasi forma espressiva, non solo legata all’arte figurativa, ma anche alla musica (è difatti un compositore).
Convinto che ogni essere umano dovrebbe sentirsi libero di essere ciò che vuole e sente, produce opere che lo aiutino a comprendere l’essenza dell’essere umano, interrogandosi nel profondo per scoprire ciò che in lui, ed in noi, vi è di vero; andando oltre alle apparenze.

La tecnica utilizzata per “scavare in profondità”, tirando fuori la verità presente nelle cose e nelle persone, è quella del gioco dei contrasti in arte: Demetrio accosta elementi apparentemente scollegati, o addirittura di senso opposto gli uni agli altri. In tal modo rivela i paradossi della condizione umana e  delle situazioni, evidenziando come molte realtà siano illusorie, talvolta opposte a ciò che inizialmente appaiono. Perchè solo assumendo uno sguardo critico e distaccato rispetto alle apparenze è possibile -secondo l’artista-  spogliare la realtà dei suoi “orpelli”, elementi superficiali che non permettono di lavorare sull’essenza delle cose.

Per queste ragioni Demetrio usa sempre materiali semplici, come il filo di ferro, le pietre, i tubi in pvc, non avvalendosi mai di una tavolozza ricca, bensì lavorando quasi a monocromo, ammettendo due toni al massimo nella medesima opera, oppure scegliendo di lavorare in bianco e nero. I contrasti che rappresenta sono utili ad andar oltre al pregiudizio sulle cose, sdoganando alcune illusorie certezze, talvolta giungendo così  a risultati per certi aspetti vicini alla ricerca dadaista. Questo accade, ad esempio in una sua scultura in cui due pesanti sassi di colori opposti, uno chiaro ed uno scuro, vengono sminuiti della loro principale caratteristica: essere massicci, pesanti. Cosi come Marcel Duchamp, unendo uno sgabello ad una ruota di bicicletta aveva sminuito la funzione statica dell’uno e, simultaneamente, quella dinamica dell’altra.  Le due pietre, sfidando le leggi di gravità, restano leggiadramente sospese a mezz’aria, sorrette soltanto da un esile, fil di ferro, grazie ad un bilanciamento di forze e ad un’imbrigliatura particolare che le fa apparire leggere, come svuotate oppure come fossero non pietre ma qualche altro materiale.

Il suo lavoro sui contrasti procede in svariate direzioni: giocando sui pieni e vuoti, ad esempio: le sue sculture costruiscono infatti delle forme più o meno legate al reale ed alle contingenze, ma pensandoci bene esse sono appena disegnate. Ecco qui un altro contrasto: quello di una scultura creata da un disegno, una linea, come un tubo in pvc plasmato a piacimento dell’artista. Il disegno che genera la scultura genera anche la forma, ma essa è però vuota, si legge nel -e grazie al- vuoto, presentandosi  soltanto come un contorno. Anch’essa, come i sassi sorretti dal filo di ferro, è una forma a tutti gli effetti ma pare non avere peso.

I sassi in verità pesano davvero; la scultura in verità esiste davvero, perchè la linea che la genera è comunque tridimensionale; ma Demetrio ci destabilizza creando immagini che inizialmente, secondo le convenzioni del nostro modo di pensare, non ci paiono realizzabili. Pone quindi dei punti di riflessione sull’essenza delle forme e sulle molteplici verità di cui esse possono essere portatrici, o noi crediamo lo siano.

Anche la sua scelta di lavorare con pochi colori, spesso usando il bianco e nero, i non colori per antonomasia, deve essere letta in questa chiave: lavorare sui contrasti di tono, ma anche sulla semplificazione formale, riducendo al minimo quelle che l’artista considera “ frivolezze”, come il colore, che è considerato “mera apparenza”, in favore dell’essenza delle cose, della loro verità, che può essere raggiunta con maggiore facilità lavorando a monocromo.

La ricerca che attualmente sta portando avanti, quella chiamata linee liberate, è anche la più avanzata da un punto di vista concettuale. Dopo anni di sperimentazioni grafiche, Demetrio decide che la superficie bidimensionale non sia più sufficiente a contenere le sue linee. Pertanto, praticando dei fori sulle tele, Rizzo lascia penetrare in esse i suoi fil di ferro e tubi in pvc; così che elementi scultorei e pittorici si uniscano e fondano insieme.
Le linee che prima erano solo disegnate sulla superficie, ora iniziano a fuoriuscire da essa, gradualmente, come se -appena “liberate”- dovessero però ancora imparare a sentirsi davvero tali.

Le linee, per il modo di vedere di Demetrio, non sono altro che emblemi della figura umana; liberando le linee, l’artista libera l’uomo, così che finalmente possa proseguire e scegliere la propria direzione in modo autonomo,  senza condizionamento alcuno. Le linee che fuoriescono dalle tele coinvolgono l’osservatore, che resta affascinato dal loro slancio emotivo verso l’esterno ed anche dai giochi di ombre che esse, in quanto ormai elementi a tutto tondo, proiettano sulle mura.
Il disegno delle linee si rigenera quindi grazie alle ombre di esse, in un continuo contrasto e gioco tra opposti: come se questa volta fosse la sua stessa arte a ribellarsi, e “ liberarsi”, dal luogo in cui l’ha collocata l’artista: Demetrio -che aveva scelto di produrre un’opera che fosse simultanea fusione di pittura e scultura- e l’opera prodotta, che invece non rinuncia al disegno, alla dimensione piatta, ritrovandola grazie alla sua ombra.  Come se questo accadimento  fosse metafora della condizione dell’uomo spaventato da troppa libertà, tanto da andare a ricercare le comode e confortevoli impostazioni ed imposizioni sociali convenzionali e da tutti accettate.

Concludo affermando che con le sue opere Demetrio suggerisce un modo per giungere alla “verità”. La sua arte è quindi un’intenzione programmatica per giungere ad un Nuovo Rinascimento,  una nuova visione platonica del mondo e della vita umana che vive dentro di esso. 
Un nuovo modo di pensare e concepire l’uomo, mirando a renderlo libero di essere ciò che vuole, così da esprimere completamente il proprio potenziale e generare un mondo nuovo in cui esso viva in armonia con ciò che lo circonda; dopo anni di precarietà, inquietudini, turbamenti interiori, disagio dovuto ad una condizione instabile, tutti sentimenti tipici del Novecento ed anche del XXI secolo.
Per riuscire in questo intento -sostiene l’artista- l’uomo deve comprendere la propria verità interiore, e può farlo solo spogliandosi di ogni “orpello”, che in arte è rappresentato da ogni colore, da ogni frivola apparenza, per mostrare il suo animo semplice, monocromo.

Nel gioco artistico delle linee liberate Demetrio  comunica questo pensiero; con  linee che, talvolta faticosamente, si liberano dalla superficie piatta per mostrarsi e muoversi libere, compiendo evoluzioni che generano forme sempre nuove.

Dott.ssa Marina Volpi – Storica dell’arte

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